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Tutto pronto per la seconda edizione del Premio Centottanta, il concorso a premi riservato a film-maker esordienti del territorio sardo. La partecipazione è gratuita e i termini delle domande sono...

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Si svolgerà dal 9 al 12 dicembre 2016 nella sala Primo Longobardo, sull’isola de La Maddalena il “secondo atto” del festival La valigia dell’attore, manifestazione intitolata a Gian Maria Volonté.Dopo...

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L’accabadora, film di Enrico Pau con Donatella Finocchiaro, Barry Ward, Sara Serraiocco, Carolina Crescentini, è stato selezionato alla XXII edizione del Medfilm Festival nel concorso ufficiale. Il film sarà proiettato...

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Percorso

Cinema come metafora della vita?

E’ questa la magia del cinema e, così facendo, ci permette di moltiplicare le nostre esperienze, non solo sensoriali ma interiori, mettendoci a confronto con le tantestorie che la vita non ci consente di vivere direttamente.
Una sorta di sliding door permanente, in cui ciascuno vede se stesso, all’interno di una narrazione che somiglia, in modo terribile ed affascinante, alla vita ed al mondo.
Naturalmente, i punti di vista di quest’esperienza cambiano e sono tanti quanti sono gli occhi e le menti che la vedono e la vivono: anche questa è la magia del cinema, dove nulla è (solo) quello che sembra, ma è esattamente ciò che ciascuno sa e vuole vedere e capire.

 In questo gioco, che, in definitiva, è quello degli specchi di Orson WELLES, le verità (relative) e le conclusioni (assolute) si inseguono e si rincorrono, come se non si potesse mai dire la parola FINE.
Tra gli infiniti tagli narrativi, in questa rubrica scegliamo quello, come dice il titolo, dei “crimini e misfatti”, ovvero come il cinema tratta la materia dell’illegalità.
Ci sono due grandi filoni: la lotta tra buoni e cattivi, in cui il film tratta il contrasto al crimine, con eroi positivi ed eroi negativi (e non sempre i primi sono i buoni e viceversa).
Oppure, le storie in cui il crimine è l’oggetto della storia, per cui il film racconta i modi di realizzazione dei delitti, come un trattato vivente di criminologia.
A queste storie dedicheremo le nostre riflessioni, per capire come vengono raccontati questi fenomeni, quale sia il grado di aderenza alla realtà e, talvolta, se siano rigorosi o meno nel riportare i sistemi di indagine e processuali: in sostanza, se la metafora del cinema sia effettivamente somigliante alle storie criminali di tutti i giorni, di tutto il mondo.
A proposito di verosimiglianza: quante volte ci è capitato di sentire o di dire nei film fanno così o succede questo, parlando delle tecniche di indagine, degli accertamenti medico-legali o anche solo dei modi utilizzati per sentire un testimone o un sospettato?
Sicuramente spesso, e questo accade perché nei film queste realtà vengono spesso romanzate e, quindi, si cerca di trovare, attraverso questi escamotages narrativi, la  soluzione più semplice e credibile.

 Ma nella realtà non è mai così: trovare un medico legale che fissi con certezza l’ora della morte (accertamento che effettivamente risente di moltissime variabili, come la temperatura esterna, l’umidità, il luogo e l’ambiente dove si trovava il cadavere ecc.) è sempre molto difficile e così il rapporto tra realtà cinematografica e realtà processuale risente inevitabilmente di una certa divaricazione, per cui quello che è semplice nelle storie raccontate lo è molto meno nelle storie vissute.
Per non parlare delle tecnologie applicate alle indagini: intercettazioni, individuazione delle chiamate, riconoscimenti delle voci, pedinamenti elettronici, sono tutte attività che, se fossero svolte così come le racconta il cinema,  renderebbero la vita semplice alle polizie di tutto il mondo ( anche se, spesso, ciò che accade al cinema, esporrebbe nella realtà la polizia ad incriminazioni per abusi ed illegalità).
Questo per sottolineare che il rapporto tra cinema e realtà, se lo si vuole impostare nell’ottica della metafora, risente, in questa materia, di un capovolgimento notevole: non è la vita il modello al quale il cinema si riferisce, perché anzi il cinema adotta modelli suoi propri per raccontare le storie criminali.
Spesso, il cinema anticipa i tempi, come si comprende perfettamente quando si pensi al fatto che il processo penale italiano è stato riformato, nel 1988, per avvicinarlo ai processi americani o anglosassoni in genere, divenuti familiari nell’immaginario collettivo proprio grazie al cinema.
Allora, per rispondere all’interrogativo che apre queste note, faremmo meglio a dire che è vero il contrario, cioè che è la vita la metafora del cinema?
Non lo sappiamo o forse preferiamo non saperlo: anche perché, forse, la risposta esatta è un’altra: il cinema non è la metafora ma è la vita.

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