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Percorso

Terezin: il lager-ghetto della Cecoslovacchia

Con Roberto Olla   una giornata tra i filmati della Shoah per non dimenticare. di Alessandro Matta

Il lager di Terezin“Supponiamo per un attimo  di trovarci in un posto  chiuso, grande, ma  isolato. Entrare in questo posto è però un'operazione difficile: bisogna addirittura offrirsi volontari, non è semplice avere accesso a questa struttura chiusa. Dentro non ci sono né calendari né orologi, non è più possibile avere nessun tipo di contatto con il mondo esterno.

Non si possono avere giornali, non c'è telefono, non c'è nessun tipo di mezzo di comunicazione con l'esterno e non si possono avere informazioni che arrivino dall'esterno. Chi ha realizzato questa struttura chiusa consente di far vedere qualcosa all'esterno, ma sarà solo lui a decidere le immagini da mostrare, secondo una sua regia. Chi sta dentro questo posto chiuso deve autogestirsi, per il cibo, per mantenere la pulizia del posto, per tutti gli aspetti della sopravvivenza. Non solo:  coloro che dirigono questa autogestione  devono  anche organizzare le liste di chi resta lì  e di chi parte per ignota destinazione, lasciando quel luogo.  Chi ha il potere, chi ha organizzato tutto questo può, anzi ordina, che vengano fatte delle cose: per esempio, che venga preparata l'esecuzione di un brano musicale, di una canzone, di un balletto, o anche delle cose completamente inutili, come fare ginnastica”.   Così inizia  Sabato 19 febbraio 2011, nel Palazzo Regio di Cagliari,  la relazione di Roberto Olla,  giornalista Rai da anni impegnato nel fronte della Memoria storica della Shoah , che ci porta  nel vivo dello sterminio e soprattutto delle sue stesse  immagini.

La relazione a Palazzo RegioIl luogo  che Olla ci ha  descritto , è Terezin: il lager-ghetto della Cecoslovacchia.  Terezin è l’altra faccia della Shoah. E’ esattamente l’opposto di quanto accadeva in luoghi come Birkenau,  Treblinka,  Sobibor. Ciò rende Terezin l’arma più potente e pericolosa nelle mani dei Nazisti che cercano di nascondere la realtà di Auschwitz .  Terezin è il lager dove vengono internati da tutta l’Europa:  musicisti, medici, professori, intellettuali , attori, cantanti ebrei di fama internazionale, la cui sparizione improvvisa causata da una deportazione verso Est , in uno dei ghetti o dei campi di sterminio della Polonia come accadeva per tutti gli altri ebrei, avrebbe potuto destare sospetti nell’opinione pubblica circa la sorte degli ebrei.  Si pensava che a Terezin si sopravvivesse di più: gravissimo errore. Ecco perché ci si offriva  volontari per andare a Terezin.  Alle stesse vittime , dall’esterno, la copertura di Terezin appariva rassicurante.  Il 23 giugno 1944, in seguito alle proteste del governo danese che dall'ottobre 1943 chiede notizie sul destino degli ebrei catturati a Copenaghen, Adolf Eichmann accorda una visita al campo ai rappresentanti della Croce Rossa internazionale al fine di dissipare le voci relative ai campi di sterminio.

La relazione a Palazzo RegioPer eliminare l'idea di sovrappopolazione del campo molti ebrei vennero ulteriormente deportati verso un tragico destino ad Auschwitz. L'amministrazione del campo si occupò  di costruire falsi negozi e locali al fine di dimostrare la situazione di benessere degli ebrei di Theresienstadt. La mistificazione  non si fermò:  i tedeschi girarono un film di propaganda a Theresienstadt le cui riprese iniziarono il 26 febbraio 1944. Diretto da Kurt Gerron (un regista, cabarettista e attore ebreo apparso con Marlene Dietrich nel film “L'angelo azzurro”), esso era destinato a mostrare il benessere degli ebrei sotto la "benevolente" protezione del Terzo Reich. Sotto minaccia nazista, in cambio del film, il regista ebbe la promessa d'aver salva la vita. Dopo le riprese la maggior parte del cast, e lo stesso regista, vennero deportati ad Auschwitz dove Gerron e sua moglie vennero uccisi nelle camere a gas il 28 ottobre 1944. Il film completo non venne mai proiettato ma alcuni spezzoni vennero utilizzati dalla propaganda tedesca ed oggi ne rimangono solo alcuni frammenti. Comunemente intitolato “Il Führer dona un villaggio agli ebrei”, il nome corretto del film è: “Theresienstadt. Ein Dokumentarfilm aus dem jüdischen Siedlungsgebiet”  (in italiano: Terezin: Un documentario sul reinsediamento degli ebrei).

Il campo di TerezinIl film di Gerron è quanto di più grande potesse produrre la macchina Nazista per nascondere sotto forma di film la realtà dello sterminio.  Lo si comprende rivedendolo oggi , anche se di esso sono sopravvissuti solo 20 minuti circa dai bombardamenti . Tutto sembra un documentario e invece è una fiction, abiti di scena fatti arrivare da Berlino, “comparse” selezionate tra i deportati ancora presentabili, una finta partita di calcio, finti laboratori artigiani, finti giardini. Tutto per fare credere che Terezin fosse una città ebraica vera e propria , con sua organizzazione , e che tutti i campi dell’Est fossero organizzati alla medesima maniera . Un film negazionista, quindi, precursore del negazionismo odierno dello sterminio nel vero senso della parola . Ma tutti gli attori e le comparse del film, poi, compreso il regista Kurt Gerron , finiranno a Auschwitz e da lì subito nelle camere a gas . Perché non resti nessun testimone vero del falso voluto da Goebbels. 

TerezinIl messaggio che Olla ci da con le immagini del film di Gerron (seguite dalla proiezione delle immagini della liberazione dei campi di concentramento e di sterminio da parte di russi e americani)  davanti a una platea di studenti immensa di ben 4 scuole tra elementari ,medie e superiori di Cagliari, tutti in religioso silenzio , è chiaro: la Shoah non è stata solo sterminio , ma anche cancellazione delle sue tracce . Il film di Gerron è stato voluto dai Nazisti per fare da precursore del negazionismo , che oggi non fa altro che proseguire il lavoro di coloro che fecero girare questa farsa .  Un film che, se non analizzato con il giusto linguaggio filmico, ancora oggi trae in inganno chi, non esperto , lo vede per la prima volta.  Il primo strumento di negazione della Shoah, girato mentre a soli 200 km dal suo set,  le camere a gas e i forni crematori di Birkenau funzionavano giorno e notte .

23 febbraio 2011

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