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Percorso

Nel buco nero di Ustica

Quaranta omossessuali catanesi reclusi forzatamente nell'isola di Ustica. Da questa agghiacciante realtà si snoda l'importante lavoro di Debora Inguglia il cui obiettivo sembra quello di voler fare luce sul tema tanto discusso della diversità. L'intervista. di Luisa Mulè Cascio

Debora IngugliaCostituendo la parte predominante della manifestazione per promuovere il progetto "Isola Nuda", che ha avuto luogo il 14 marzo scorso, presso i locali dei "Cantieri Culturali della Zisa" a Palermo, l’omonimo documentario di Debora Inguglia trae spunto da un evento, realmente accaduto nel 1939 (la reclusione forzata di quaranta omosessuale catanesi nell’isola di Ustica) per abbracciare problematiche più complesse, spesso volutamente ignorate, collegate tra loro: la diversità e l’esclusione.
Il progetto, che fa parte del "Programma Sensi contemporanei Cinema e Audiovisivo" ed è prodotto dall’associazione culturale "Visionaria" prevede, oltre alla proiezione e divulgazione del documentario (soprattutto nelle scuole e via web), anche momenti di discussione e dibattiti, proprio come quello del 14 marzo, in cui sono stati messi a confronto molteplici punti di vista affrontando il tema della diversità attraverso discipline come la storia e la psicologia, e che ha costituito un momento d’incontro con i produttori del documentario, nonché con personalità di rilievo come Silvia Antosa ricercatrice dell’Università di Palermo, Lorenzo Benadusi ricercatore dell’Università di Bergamo, Lorenzo Bernini  ricercatore dell’Università di Verona, e il critico cinematografico Emiliano Morreale.

''Isola Nuda''Partendo dal passato, attraverso la testimonianza storica, Debora Inguglia fa luce nel presente su un tema non sempre facilmente discusso e osservato, come quello della diversità, che desta tanta infondata paura, e per cui, di conseguenza, si preferisce l’ignoranza alla conoscenza.

Proprio per questo non si tratta di un documentario dai canoni standard, che si limita a una fredda e distaccata ricostruzione storica e cronologia, ma l’episodio rivive attraverso i pensieri, le sensazioni e le testimonianze dirette di quelle persone che hanno osservato e subito l’ingiustizia di quel sentirsi diversi. Ed ecco che lo spettatore viene calato nell’universo interiore dei testimoni, che davanti la macchina da presa mettono a nudo i loro sentimenti più intimi e i loro pensieri.
''Isola Nuda''Raccontano con naturalezza e spontaneità, instaurando così un rapporto quasi colloquiale con chi osserva il documentario, e permettendogli, grazie a parole semplici ed essenziali, e grazie a immagini incisive, di ricevere il messaggio in maniera diretta e senza equivoci, coinvolgendolo emotivamente. Tutto ciò è reso possibile grazie anche all’uso del piano sequenza, che permette di dare continuità all’azione senza frammentazioni, e della luce, così naturalistica, che illumina i protagonisti, enfatizzando il loro animo, come chiaramente espresso dalla regista stessa, durante l’intervista rilasciata a Cinemecum.
 
Cosa l’ha spinta a realizzare questo documentario, partendo dall’evento storico?
L’idea iniziale consisteva nel creare un lavoro fortemente visuale che riuscisse a portare sullo schermo la dimensione più intima dei suoi protagonisti, rilanciando tematiche attuali quali la differenza e l’esclusione.

''Isola Nuda''Può parlarci della struttura del documentario, diversa e particolare rispetto all’immaginario comune? In cosa differisce esattamente?
Ho provato a mettere in pratica nuove tecniche apprese durante i miei lavori a Londra: l’uso del piano sequenza e la luce sono i mezzi chiave del nostro lavoro. In "Isola Nuda" non ci sono documenti d’archivio o analisi di storici e studiosi: i personaggi si raccontano con naturalezza, quasi dimenticandosi della telecamera che li riprende, mentre l’isola di Ustica quasi non si vede, emergendo soltanto dal racconto verbale degl’intervistati.

Com’è stata utilizzata la luce, così importante e carica di significato?
Si tratta di uno stile naturalistico che vuole enfatizzare l’interiorità delle persone che si susseguono con le loro testimonianze. Ciò che forse può incuriosire è che l’intero documentario è stato girato in MiniDV, mezzo che ha quasi obbligato a giocare con la luce.

Ha istaurato un particolare feeling con i testimoni/attori intervistati?  

Credo sia naturale la confidenza che è nata tra me e loro. Hanno accettato d’aprirsi pubblicamente raccontando una situazione molto personale e difficoltosa… spero che l’interazione nata tra lo staff tecnico e le persone intervistate traspaia dalla visione dell’audiovisivo.

Dopo "Isola Nuda", quali sono i suoi propositi per il futuro?

Appena concluso questo lavoro, ho ricominciato a lavorare a Londra, ma non escludo di poter essere nuovamente all’opera nella mia terra madre: sono tante le vicende che abbiamo da raccontare al mondo.
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