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Percorso

Gli anni Edison di Ermanno Olmi

 
In un accostamento ardito ma stimolante con la nouvelle vague di Truffaut e Godard, la Feltrinelli pubblica un Dvd più libro sui misconosciuti film di Ermanno Olmi, prodotti quando era tecnico dell'Edison, poi dentro la sezione cinema. Come il primo Godard, i film di inizio '50 del bergamasco raccontano di operai impiegati nella costruzione di dighe, seguendo e accompagnando nel solco del cinema industriale personaggi come Antonioni, Bertolucci e Blasetti, solo per citare i più noti. Ma il cinema “di fabbrica” per Olmi non è solo palestra di allenamento ma è un campo di gioco vero e prorio, dove unire la verità documentaristica alla lirica del banale. I volti degli operai, vera rivoluzione, diventano strumenti di propaganda, occupando spazi che fino a quel periodo sarebbero stati di macchine e tecnologia. L'uomo entra nell'ambiente, modificandolo senza mortificarlo. Maestro non citato e predecessore dell'Herzog più antropologo, mostra con passione la lenta sfida evolutiva industriale, non splendidamente fine a se stessa come nel regista tedesco, ma ottimisticamente progressista. Vediamo nello specifico i lavori presenti, consigliando la lettura del libro di accompagnamento al Dvd, e tralasciando (ma apprezzandolo) il mediometraggio Michelino 1° B, ottimo lavoro co-scritto con Parise ma che meriterebbe una recensione a parte.

Diario di un venditore di almanacchi e un passeggero
Ispirato alla operetta morale di Leopardi, nel cortometraggio co-protagonista è il paesaggio brianzolo, dove l'uomo diventa soluzione unica con esso. Nella terra nevosa e umida, il vapore dei macchinari di produzione si confonde con il respiro dei lavoratori. Paesaggi urbani di silhouette scure anticipano figure misere e nobili, tra cui si staglia un venditore di almanacchi. Un passante, passeggiere per dirla alla Leopardi, intavola con il nostro un discorso tra tempo e possibilità, cercando di tramutare l'almanacco in strumento di riscatto e speranza. Le intenzioni rimangono sospese, seguite da una rassegna di architetture e campane, oggetto di scansione del tempo e di ritualità, sintesi stessa del cinema.


La pattuglia del passo san giacomo
Forse il filmato di maggiore vis propagandistica, volto a mostrare la solerzia ed affidabilità dell'Edison. Nel mondo alpino e contadino il tempo è quasi vicino alla stasi. Un taglialegna per caso rompe un cavo elettrico, la notizia arriva subito alla centrale elettrica. Rapidi arrivano due operai sugli sci, che rilevano il guasto e chiamano una squadra che prontamente arriva alla centrale elettrica, tecnologico Palazzo d'Inverno, dove viene caricato dentro delle slitte il materiale per riparare il guasto. Gli operai geometricamente tagliano il paesaggio alpino, con forza salgono su, abbeverandosi dal ghiaccio sulle pareti, completandosi nel territorio, invadendolo con rispetto. Arrivati al punto issano con presta sapienza i piloni di un nuovo traliccio, risolvendo il problema,riattivando le turbine, con una magia degna della mungitrice di Ejzenstein. La messa in scena, con umiltà asservita alla necessità dell'azienda, è comunque precisa e netta, non verbosa ma ritmicamente efficace.

La diga del giacciaio
La diga poggia sulla schiena di un monte che abbevera la conca formata da dei centinai di operai che modificano in brandelli la superficie montuosa. La fascinazione per il lavoro artigiano, seppure in scala industriale, è totale: la coordinazione tra i vari lavori è assecondata dalla macchina da presa, artigiana ed operaia anch'essa. Il lavoro è mastodontico e modifica le fisionomie degli operai, oltre che quello dei monti traforati: un uomo tirato in viso legge senza espressione una cartolina della famiglia lontana.

Ermanno Olmi Manon finestra due
L'industria senza l'ambiente è forza nulla. La ricchezza è solo la trasformazione, non l'annullamento: le dighe e le centrali, secondo Olmi, razionalizzeranno e non stupreranno l'ambiente produttivo. Il luogo di lavoro diventa teatro, la drammaturgia segna i ritmi di lavoro, i gesti sono armonici e la reale vita del minatore diventa quasi finzione, confondendo i codici tra documentario e fiction. L'innesco della dinamite ha una efficace suspence, contrae i visi sicuri degli operai, diventa rituale affascinante. L'esplosione seguente è nel buio, ed è lampo raro e liberatorio. I macchinari, con la strada sgombra, possono continuare a lavorare, in un ritmo inesorabile: fornelli, dinamite, scoppio, fornelli, dinamite, scoppio.

Il pensionato
Nel film il tema vero, il tempo, viene scandito inizialmente dal ritmo dei rumori di sfondo di una tipografia gestita da due giovani operai, alternati dalle urla del fumantino signor Bonfanti, ex operaio brianzolo in pensione ed abitante esattamente sotto il laboratorio. Per Bonfanti, liquidato dall'azienda e ormai pensoso pensionato senza motivazioni, il lavoro della giornata è guardare, rubando tempo con gli occhi agli operai di sotto, consigliandoli e aiutandoli e finalmente riattivandosi nella risoluzione di un problema tecnico alla linotype. Dimenticandosi di orologi, sveglie, tempo e, come dice Olmi, finalmente affermando la sua rinnovata fiducia nella vita.


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