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Percorso

"Il profeta" di Jacques Audiard

 
''Il profeta''Sono stati tanti i film importanti sulla vita carceraria e sulle sue conseguenze, “Il profeta” di Jacques Audiard si può collocare fra i più interessanti e ben fatti.   Premiato al Festival di Cannes 2009, con il Gran Premio della Giuria,  ha ricevuto anche grandi lodi dalla critica.
Il film racconta della rapida ascesa nel mondo del crimine di Malik El Djebena, un giovane arrestato per resistenza alla polizia. È orfano, senza amici o parenti, analfabeta, nullatenente e con un incerto avvocato d’ufficio. Come guaio finale finisce nel carcere dei “grandi” perché ha compiuto diciotto anni. Sembra senza scampo, ma in carcere impara a leggere e scrivere e la dura legge della detenzione  per poi dettare  le sue regole fino a fare il boss.  L’unica alternativa sarebbe stata soccombere in quel mondo violento a dispetto della relativa modernità dell’istituto con tanto di scuola, biblioteca, servizi alternativi. Malik resiste, è sveglio; comprende il gioco delle etnie e delle gang per sfruttarlo poi a suo favore. Lo chiamano il profeta per la sua capacità di parlare con tutti. Il suo maestro è un prigioniero corso che tiene saldamente le fila del carcere, guardia comprese con la sua gang di conterranei risoluti e violenti. L’ottima regia di Jacques Audiard guida abilmente attori non esperti e disegna crudamente il mondo del crimine e delle carceri francesi.
 
''Il profeta''Sono carceri dove un qualunque ragazzo sbandato entra per un piccolo fatto ed esce da criminale incallito. L’attualità è accentuata dalla  multietnicità di queste carceri francesi molto simili a quelle viste da sempre negli States. Il grande dubbio della nostra società, che il film denuncia senza commenti, riguarda l’essenza stessa della detenzione: ha ancora senso separare dalla società delle persone per alimentarne le peggiori pulsioni criminale restituendole poi ancor più pericolose? Il dibattito è ancora oggi apertissimo e attuale anche in Italia, dove spesso si sente di boss mafiosi governare i propri affari direttamente dalle celle. Mi piace ricordare alcuni importanti film che hanno parlato in passato dei problemi carcerari  e che in modo diverso hanno affrontato lo stesso problema, a partire da:

"Arancia meccanica" [ Gran Bretagna 1971 Grottesco ] Regia di Stanley Kubrick
Ha posto l’accento sulla pericolosità dei metodi rieducativi coercitivi
"Sleepers" [ USA 1996 Drammatico ] Regia di Barry Levinson
Dove le prigioni e le torture... ancora una volta rovinano vite, in questo caso proprio a degli adolescenti. Un connubio presente spesso nel cinema americano
"Le ali della libertà" [ USA 1994 Drammatico ] Regia di Frank Darabont
Un borghese mid-class che fra le mura carcerarie subisce le peggiori umiliazioni senza lasciarsi travolgere completamente

''Il profeta''Anche in Italia il cinema si è preoccupato degli stessi problemi con un’attenzione particolare proprio alla detenzione dei minori e alle prospettive di questi
A partire dal grande successo di  
"Mery per sempre" Italia [ 1989 Drammatico ] Regia di Marco Risi
Con il seguito altrettanto valido:

"Ragazzi fuori" . Drammatico, durata 110 min. - Italia 1990.
Fino a "Tutta colpa di Giuda" di Davide Ferrario

Girato proprio nella mia Sardegna.  Quel che forse Ferrario non sa è che molti dei cognomi presenti nel carcere minorile di Quartuccio non mancano mai; sono comuni al carcere maggiore di Buoncammino e sono pronti di nuovi in certe scuole medie.

''Il profeta''Così recita l’Articolo 27 della Costituzione Italiana.
"La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.  Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra."

La pena, appunto.  A parte le alternative fantasiose di cui la patria principale sono gli USA ammesse da diversi anni anche in Italia, nessuno Stato è riuscito a sostituire completamente la privazione delle libertà personali con loro concentrato di contraddizioni e pericolosità, evidenziata nel film in oggetto. Comunque la si voglia vedere si deve trattare di una punizione per gli atti compiuti contro il convivere sociale, con lo scopo principalmente di dissuadere altri dal commettere gli stessi crimini. Poi certo si deve rieducare. Io aggiungerei: quando questo è concretamente possibile e non solo; proporrei anche una  concreta verifica periodica su i reali effetti della “rieducazione”.

''Il profeta''Audiard pare sarcastico quando descrive le concessioni di libera uscita per buona condotta che danno a Malik la possibilità di occuparsi di affari criminali e persino di compiere una strage. Quasi fossero delle prove pratiche per il giovane carcerato per mettere in pratica ciò che la vita carceraria gli ha insegnato. Il pensiero vola subito a tutti quei ragazzi nei riformatori che i giudici e gli assistenti sociali dovrebbero tentare di salvare da destini certi.
Non è un compito facile. Non è facile per uno Stato esaminare correttamente caso per caso e trovare la giusta misura fra punizione, insegnamento e rieducazione. Troppi, tornati in libertà, vengono riassorbiti in ambienti, spesso familiari, degenerati che li trascinano verso un chiaro destino segnato.
Allora è necessario tornare a ripensare a Rousseau  e alla disputa sul suo pensiero che neppure “il profeta risolve”: è sempre la società che corrompe degli esseri nati puri o certe devianze sono insite nell’animo di taluni già dalla nascita?
23 marzo 2011
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