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Percorso

"Allacciate le cinture" di Ferzan Ozpetek

di Cristina Muntoni

''Allacciate le cinture'' di Ferzan OzpetekSiamo tutti d’accordo: “Allacciate le cinture” non è il miglior film di Ferzan Ozpetek. Il ritmo, i colori del racconto e tutta l’intensità a cui il regista turco ci ha abituati sono lenti, opachi, ridotti.

Il pathos è annacquato, come se la pioggia battente con cui inizia il film attraversasse tutta la trama narrativa e lasciasse naufragare lo spettatore lasciandolo perennemente lontano dalla riva. Non è colpa della recitazione dell’ex tronista Francesco Arca nella parte del coprotagonista. In fondo, con i suoi monosillabi e i gesti rudi, interpretando se stesso disegna perfettamente il suo personaggio e, come sempre, Ozpetek ci insegna a spogliarci del pregiudizio.

''Allacciate le cinture'' di Ferzan OzpetekNon è colpa nemmeno della storia che ancora una volta tratta il tema dell’amore attraversandolo da angolazioni scomode e arrivando sino alle parti più crude e vere. La causa è nel ritmo, nella scelta azzardata di svelare il suo senso solo nella parte finale e di farci arrivare uno spettatore ormai rassegnato ad un balletto scomposto tra ironia e dramma, in attesa del tassello essenziale che dia senso al disegno del puzzle.
Allacciate le cinture” non è il miglior film di Ferzan Ozpetek, ma per scoprire che non delude, bisogna aspettare la fine e mettere insieme i pezzi.
Se siamo in volo, le cinture si allacciano quando arriva la turbolenza. Si sta sul posto e ci si tiene saldi. Altrimenti si cade.

''Allacciate le cinture'' di Ferzan OzpetekIl film racconta il momento in cui dentro la coppia arriva la turbolenza e si sfiora il dubbio di sentirsi completamente soli; e in quel momento, attraverso il dolore, si scopre il vero significato dello stare assieme. Per arrivarci, Ozpetek va avanti e indietro nel tempo con dei sapienti flashforward, ci fa attraversare tavole apparecchiate, letti d’ospedale e i vicoli del centro storico di Lecce con le facciate barocche, entrando dentro le case e percorrendo le strade sino ad arrivare al mare. Ci fa accompagnare da un coro divertente e chiassoso di amici e da una toccante Kasia Smutniak, che non riesce a imbruttirsi neanche quando il copione lo richiede. Ci fa attraversare la pioggia e giornate di Sole pieno, silenzi in stanze nascoste di officine e l’acqua del mare dove, senza parole, le anime si toccano in un legame che neanche la turbolenza più feroce può spezzare. Per scoprirlo, bisogna arrivare sino al centro del dolore dove si può scegliere se cadere o allacciare le cinture.
No, non è il miglior film di Ferzan Ozpetek, ma anche questa volta è riuscito a raccontare con forza la vita e quelle vicende più intime e vere che, senza un grande regista, sarebbero rimaste del tutto impalpabili.

19 marzo 2014

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