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Percorso

I mestieri del Cinema. Stefania Grilli

La costumista e scenografa racconta l'arte di inventare e cucire vestiti per storie immaginarie. di Anna Brotzu 

Stefania Grilli e Benito Urgu

Elegante e schiva, Stefania Grilli, costumista e scenografa per il cinema e il teatro, recentemente impegnata sul set de “L'Abbadora” di Enrico Pau, per cui ha ricreato abiti e atmosfere di un'epoca (tra eleganza cittadina e costumi tradizionali di una Sardegna senza tempo) racconta la sua passione per la decima musa, un innamoramento precoce per l'arte di inventare e cucire vestiti per storie immaginarie.

Professionista affermata e apprezzata (laureata in scenografia e costume all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, con  una laurea di secondo livello in fotografia e grafica) con un'esperienza più che decennale nel mondo del cinema, ha preso parte alla lavorazione di film, cortometraggi, videoclip, pubblicità e all'allestimento di spettacoli teatrali e opere liriche.

Qual è stata la scintilla iniziale... quando ha deciso, o meglio ha capito di voler fare questo lavoro?
Credo di averlo sempre saputo, sin da bambina, non ho desiderato di fare altri mestieri.

Come si impara l'arte di creare costumi?
Vengo da una famiglia di artisti, mia madre sarta, che mi ha insegnato ad amare i costumi, l'amore per il taglio ben fatto e per il confezionamento degli abiti minuzioso; e mio padre, fabbro di generazioni e bravissimo disegnatore; e la scuola ha fatto il resto. Ma la cosa che più mi ha formato è stata la gavetta sul set o dietro il palcoscenico. E' li che si apprendono i tempi e i modi del cinema e del teatro.

Qual è stato il suo percorso?
Ho frequentato il Liceo artistico, poi l'Accademia di Belle Arti a Bologna dove sin dal primo anno facevano lavorare noi studenti in teatro per farci le ossa. Sono stati cinque anni di opere liriche e attraverso dei concorsi interni ho avuto la fortuna di essere io la prima costumista di ben due opere, avevo venticinque anni. Ma la mia passione era soprattutto il cinema, e quindi da Bologna mi son trasferita a Roma (tappa obbligatoria); poi ho avuto una possibilità di fare il mio primo film in Sardegna, e poi subito un altro... e sono rimasta in Sardegna!

Stefania GrilliI suoi maestri?
Alcuni docenti che ho stimato tanto, alcuni registi e gli artisti che ho amato. Nessun maestro in particolare, ma tanti.

Qualche segreto del mestiere?
Il vero segreto del mestiere, come per tutti i mestieri d'altronde, è la passione!

Analogie e differenze nel lavorare per il cinema invece che in teatro? Da che trae l'ispirazione, nel creare i costumi per un film o uno spettacolo?
Le differenze tra cinema e teatro sono principalmente nei tempi e nei modi del fare i costumi, diverse sono le procedure. L'ispirazione per me viene sempre dopo vari incontri con il regista e dopo una lunghissima ricerca, non è casuale e non ho mai l'illuminazione fulminea; e non credo nemmeno a questo tipo di approccio, ma credo che il processo creativo cominci quando si ha la consapevolezza di avere assimilato il lavoro in modo totale. Quando si ha in mano la storia e tutti i suoi personaggi, quando la tua idea dei costumi si sposa con quella del regista, si comincia un lungo e bellissimo percorso insieme, nascono le idee e si cominciano a tracciare le prime linee del lavoro e da lì in poi tutto diventa più facile, pur tenendo ben presente che gli imprevisti in questo lavoro sono all'ordine del giorno.

Stefania GrilliIl bello e il brutto (se c'è) del fare la costumista/ scenografa: che cosa le piace di più del suo lavoro?
Il bello è la ricerca, il cercare di entrare dentro la storia e mettere il focus sui personaggi, il cercare di capire la loro psicologia, di vestirli a seconda delle sfumature del loro carattere; il bello è vedere indossato dal protagonista del film quello che prima era solo nella tua testa e che è frutto di tanti ragionamenti e pensieri. Il lato peggiore è che spesso non si capisce bene quanto lavoro c'è dietro un progetto, quante notti insonni e quante fatiche.

Che cosa secondo lei non funziona o potrebbe funzionare meglio – del cinema italiano – e europeo? Come vede la situazione della Sardegna?
In questo momento di crisi, non vedo molte prospettive per il cinema, né italiano e né sardo.

Stefania GrilliLei ha lavorato con diversi registi isolani (da “Ballo a tre passi” a “L'accabadora”): un caso... o una scelta?
E' un caso e una scelta. Il mio amore per la Sardegna ha fatto sì che io abbia scelto di lavorare qui, nella terra che amo e il caso ha voluto che continuassi a farlo qui. L'accabadora di Enrico Pau – è un film in costume: una bella sfida, ricostruire le atmosfere e vestire i personaggi in una Sardegna degli Anni Quaranta. E' stato difficile ricostruire i costumi dell'epoca, è stato difficile farlo da soli in una sartoria temporanea, con poco personale ma con tante persone che ci hanno dato una mano in maniera volontaristica. Fondamentali sono stati gli aiuti e i consigli preziosi di persone che stimo moltissimo, come Marco Materni, Mino Fadda e Mario Cogoni e tanti altri.
È stata una bellissima esperienza, creare dal nulla trecento costumi, con il recupero di antichi costumi, e il rifacimento di altri e poi l'invecchiamento, le tinture. È stata di primaria importanza la ricerca, approfonditissima, composta da numerosissime immagini, ricerca che ho diviso in due parti - gli anni 40 in generale e quelli in Sardegna - e fatta soprattutto di un recupero di immagini compiuto porta a porta, da amici, parenti, sconosciuti, amici di amici di amici, o da fotografi che mi hanno aperto le porte dei loro studi per aiutarmi. Perché le immagini fotografiche tratte dai libri seppur belle non potevano bastare per un film con tante sfaccettature come questo, avevo bisogno di immagini che raccontassero principalmente la vita quotidiana dei vari ceti sociali, i soli libri non potevano bastare: è stato un lavoro di documentazione e lungo, ma in collaborazione con gli assistenti abbiamo trovato moltissimo materiale.

Stefania GrilliNe “L'accabadora” c'è stata una consulenza dello stilista Antonio Marras: come è stato l'incontro con questo enfant prodige della moda?
Ho avuto la fortuna di conoscere Antonio Marras, entrare nel suo atelier e di preparare insieme una parte del vestiario dell'accabadora; bellissimo è stato scoprire che apprezza molto il cinema sardo, e addirittura mi ha fatto i complimenti per i costumi di un film che lui ha amato tanto, “L'arbitro”. Marras ha dato un contributo straordinario a questo film.

Progetti futuri... nell'immediato... o nel prossimo futuro?
Per ora posso solo dire solo che sto studiando molto... e anche l'inglese e lo spagnolo.

Oltre al lavoro sul set, lei è anche una docente: qual è per lei l'insegnamento fondamentale?
Ai miei allievi vorrei trasmettere principalmente che bisogna credere nelle passioni e che bisogna lottare per ottenere quello che si vuole anche quando la strada sembra impossibile, e che il talento non va sprecato e non dura per sempre, bisogna studiare molto e faticare per tenerlo sempre vivo.

Stefania GrilliQuanto conta la “passione” per chi fa il suo mestiere?
La passione è tutto, questo è un mestiere bello ma molto difficile, senza la passione non lo si può fare. Come mi diceva sempre il mio professore di scenografia: se si riesce a stringere i denti e ad andare avanti nonostante le difficoltà si ha il carattere giusto per continuare a farlo.

Uno sguardo sul cinema made in Sardinia... tra presente e futuro.
Penso che in Sardegna ci siano molte professionalità nel cinema in grado di distinguersi per capacità e bravura; la nostra scuola, quella sarda fatta di tanti sacrifici (spesso si lavora con la metà dei soldi o con maggiori difficoltà) rispetto al resto di Italia, ci ha reso competitivi e preparati, capaci di poter lavorare bene ovunque.

Lei che li conosce da vicino – spesso per averci lavorato insieme: che pensa dei registi sardi?
Trovo che molti di loro siano molto talentuosi, alcuni li considero geniali, peccato che alcuni di loro non abbiano avuto (ancora) il riconoscimento che meritano e altri nemmeno l'opportunità di lavorare come si deve.

Stefania GrilliL'Isola sembra – nonostante la Legge Cinema e l'istituzione della Sardegna Film Commission - prigioniera di una tragica impasse, tra aree di competenza, strategie di governo (e di spesa) e giochi di “potere”: risorse stanziate e “spostate” o differite, ritardi nell'elargizione dei contributi e nella pubblicazione dei bandi; molte (belle parole) ma pochissimi fatti. Uno strano “caos calmo”. Quale ruolo potrebbe avere – in questo contesto – una realtà come Moviementu?
Moviementu/ Rete-Cinema-Sardegna è un'associazione che riunisce tutti coloro che a vario titolo operano in Sardegna nell’ambito cinematografico e audiovisivo: per combattere l’indifferenza e permettere a questo territorio di mostrarsi e rappresentarsi in modo libero, originale, indipendente e profondo, creando allo stesso tempo un tessuto economico certo e fiorente intorno al settore. Sono socia Moviementu e credo fermamente nelle nostre battaglie.

Il cinema potrebbe rappresentare una risorsa (anche) economica per la Sardegna? Se sì, a quali condizioni?
L'attività cinematografica e audiovisiva ha un valore sia culturale che economico; è un'industria sostenibile che favorisce l'occupazione e lo sviluppo e vedono la cultura unita al territorio come un valore economico di spinta e di rilancio. Bisogna quindi, valorizzando il territorio e la sua identità, rendere stabili le attività che coinvolgono risorse umane e professionali; attrarre investimenti; favorire la creatività e la libertà espressiva anche di innovazione, ricerca e sperimentazione.

3 dicembre 2013

 

 

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