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Percorso

Joe Perrino: “Basta ruoli da duro, sogno una commedia romantica” - VIDEO

Cantante, musicista, attore. Troppe le sfaccettature di un personaggio stanco di essere schiavo di un cliché. di Carlo Poddighe

Joe Perrino“Tu hai la stoffa, tu c’hai una faccia” gli disse un giorno Abel Ferrara a Roma. E quella faccia è stata nel tempo la fortuna e la condanna di Joe PerrinoCantante punk identitario negli anni 80. Rocker e animale da palco nei ’90 e poi interprete di ballate di malavita: “Il mio concerto più bello l’ho tenuto a Buoncammino”. Ma anche imprenditore e attore in diverse pellicole Kyrie Eleison Fillepreri (premio Cagliari in Corto, 1999), Preda, Tutto Torna, per citarne alcune.

Joe in questi corti ha sempre interpretato il ruolo del duro, del cravattaro, del burdo insomma. Un ruolo che si presta al suo aspetto esteriore, ma che non lo ha mai veramente rappresentato. Lo incontriamo nella sua bella casa nel rione Castello a Cagliari. Casa di un’eleganza non ricercata, ma naturale, che è allo stesso tempo covo, studio di registrazione e angolo privato da condividere con moglie e i due figli piccoli. Ci accoglie in kimono e infradito, ma con occhialoni da nerd: “Senza non vedo nulla”. E la complessità del personaggio, fuori dalla banalità del cliché, è già manifesta.

Joe Perrino anni 80Tu c’hai una faccia” ti ha detto Ferrara, quindi?
Sì, eravamo a Roma, seguivo un seminario sul metodo intensivo di recitazione con Francesca di Sario e Abel Ferrara era presente a una lezione. Mi fece molti complimenti e mi disse che se avesse lavorato in Italia mi avrebbe voluto nel cast. D’altronde la faccia è importante. Gassman diceva: “Agli attori italiani manca la faccia!”

La tua faccia, la tua fisicità ti ha però portato a interpretare sempre un certo ruolo, quello del duro, del picchiatore.
Sì, è vero. Le proposte che mi sono arrivate mi chiedevano di essere il burdo, il cattivo e pian piano mi sono ritrovato a essere schiavo di un personaggio.

Joe Perrino anni 90Ma di questo te ne dai anche colpa tu stesso?
Solo in parte. Ho interpretato una figura che volevo raccontare, come nelle “Canzoni di malavita”, ma da qui a diventare un caratterista ce ne passa. Io interpreto, enfatizzo quello che devo rappresentare, ma nelle canzoni racconto storie che non sono mie, che non ho vissuto in prima persona. E così nei film. Sono quello brutto, rozzo, ignorante, ma questo non sono io.

Chi è Joe Perrino, all’anagrafe Nicola Macciò?
Sono un pacifista, un antimilitarista. Ho preferito addirittura farmi due giorni alla neuro a La Spezia pur di saltare il servizio militare. Credo nell’amore, nella famiglia, nella bellezza dei rapporti umani. Poi, certo, non sono uno che si fa prendere per il culo.

Joe PerrinoÈ così difficile svestire un personaggio?
Lo è qui in Sardegna. I registi sardi vogliono essere delle prime donne e non vogliono chi li mette in ombra. L’attore va lasciato andare, invece. Si c’è il copione, ma l’interprete deve essere libero di muoversi sulla scena, non schiacciato da chi dirige. È come nello studio di registrazione: le cose migliori nascono quando il musicista improvvisa, crea, sciolto dal canovaccio e dallo spartito.

Saranno contenti i registi sardi di questo tuo giudizio.
Poco mi importa. Con loro ho rapporti scarsi. In pochi mi cercavano anche prima, ma mi consola che oltre me non chiamino quelli bravi come Fausto Siddi, Lea Karen Gramsdorff. Gli attori sono sempre gli stessi e sempre i soliti sono anche i registi, quelli che si prendono tutti i pochi finanziamenti che ci sono in giro.

Joe PerrinoQual è il limite del cinema in Sardegna?
A differenza dell'ambiente musicale, nel cinema nessuno vuole rischiare e mettersi in gioco veramente. Facile provocare mostrando le tette o andare sul sicuro, ricadendo sempre nel folklore, nella "sardità". E la mia è una critica da convinto indipendentista. Poi c’è il continuo ripetersi: si gira a Cagliari? Il set va fatto a Castello. C'è poca voglia di scommettere sul futuro: non si fa lavorare la gente sarda e non esistono delle vere scuole attoriali. C’è poca varietà, insomma.

Soluzioni?
Far lavorare i giovani che hanno talento. I registi non devono schiacciarli. Pensiamo a Nicola Adamo. È stato bravissimo in "Jimmy della Collina" di Pau, ha avuto tanti riconoscimenti e complimenti, pur rimanendo sempre coi piedi per terra. Ora cosa fa, però? Disegna giardini.

''L'arbitro''Non salvi nulla del cinema sardo?
"Il Figlio di Bakunin" di Cabiddu mi ha colpito veramente. Tra gli ultimi girati "L’Arbitro" di Zucca mi è piaciuto molto. Ma ripeto, vedo poca voglia di rompere gli schemi e così non si va da nessuna parte.

Tu per primo vuoi rompere gli schemi, stanco del vestito che ti hanno cucito addosso.
Sì, basta con i soliti ruoli. Voglio fare una commedia romantica, brillante. Un film d’amore con scambio di sguardi stile Una lunga domenica di passioni. Mi voglio mettere in gioco e sorprendervi.

Guarda il VIDEO - Joe Perrino: un uomo romantico di Monica Galloni

17 dicembre 2014

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