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Percorso

Il barbiere dell'Asinara, protagonista di ''Sinuaria''

Intervista con Roberto Carta, regista del corto girato tra i fantasmi dell'ex carcere. di Valentina Bifulco

''Sinuaria''Sinuaria, antico nome dell’Asinara, è il titolo del cortometraggio, scritto e diretto da Roberto Carta, con la fotografia di Roberto Cimatti.
 Prodotto dall’Isre (Istituto superiore regionale etnografico sardo), ha vinto nel 2013 la 7^ edizione del concorso AViSa (Antropologia visuale in Sardegna).

Il concorso è indetto dall’Istituto Sardo per “promuovere l’antropologia visuale come strumento primario di analisi e documentazione della vita sociale dell’isola e di dialogo con le culture di tutto il mondo”. Il protagonista della vicenda è Michele Murtas, detenuto nel carcere dell’Asinara nei primi anni ’80, che ha un talento innato per tagliare i capelli, tanto da arrivare ad essere il parrucchiere oltre che dei suoi compagni di prigionia, anche delle mogli delle guardie e del direttore del carcere.

Sinuaria è stato girato interamente sull’Asinara e, per l’occasione, il borgo di Cala d’Oliva è stato trasformato in set cinematografico e i vecchi edifici del carcere fanno da sfondo alla vicenda. Il cortometraggio rappresenta una grande opportunità per la Sardegna, essendo un mezzo comunicativo che aiuterà la conoscenza delle locations sarde anche fuori dall’isola. Abbiamo incontrato Roberto Carta per farci raccontare come si sono svolte le riprese in una delle isole più incontaminate del nostro territorio.

Roberto CartaCome ha scelto la storia da raccontare?
Mi sembrava strano che ancora non ci fossero stati dei film ambientati all’Asinara sia per la sua storia che per i personaggi che ci sono passati. Mi documentai sull’argomento e lessi in un racconto di Giampaolo Cassitta di un leggendario parrucchiere. Da quello spunto è nata la sceneggiatura di Sinuaria, che però racconta una storia abbastanza diversa dal libro.

C’era nel suo intento la volontà di raccontare l’Asinara?
In realtà nel film non c’è un intento storico o realistico. In fin dei conti il film potrebbe essere ambientato in qualsiasi isola carcere, non c’è infatti nessun riferimento a fatti o eventi storici. Il mio intento non era raccontare l’Asinara in sé, ma mi affascinava l’ambientazione, il suo essere un'isola nell’isola, la presenza del carcere, questo piccolo mondo limbo che aveva delle regole tutte sue. Il personaggio del parrucchiere l’ho scelto perché giocava sull’opposto di quello che è nel nostro immaginario il “detenuto”. Michele è un anima gentile, un romantico che ha commesso un errore sì, ma senza perdere la capacità di sognare e di vedere oltre il mare che lo separa dal suo amore.

''Sinuaria''Nel corto si fa intendere solo minimamente che molti dei detenuti fossero criminali mafiosi, è una scelta voluta?
Michele è un detenuto speciale, quelli definiti “sconsegnati”, rinchiuso all’Asinara per aver compiuto un reato minore e quindi con la possibilità di poter uscire dalla cella durante il giorno per lavorare nell’isola. Questi detenuti stavano nella Diramazione Centrale e svolgevano un lavoro all’interno della comunità di Cala D’oliva composta dalle famiglie dei funzionari e delle guardie nell’istituto penitenziario. Mi interessava raccontare proprio questo microcosmo dove la distinzione tra bene e il male, i buoni e i cattivi, i civili e i detenuti cadeva. I detenuti pericolosi invece stavano in un altra diramazione quella di Fornelli, dove li sì, solo carcere duro e senza la possibilità di vedere nemmeno il cielo.

''Sinuaria''Come è stato far rivivere posti ormai disabitati da tempo?
Sicuramente molto toccante. Spesso capitava di incappare in qualche registro con infinite liste di nomi e la mente volava a immaginare tutte le storie che quei nomi associati a numeri nascondevano.

Quelle celle dove vivono i personaggi hanno ospitato tanti detenuti, persone che soffrivano. Che atmosfera si respira ora in quei luoghi?
Sin dal primo sopralluogo è stato Gianmaria Deriu, il custode dell’isola e un tempo guardia carceraria, a farci da guida. Dai suoi racconti si potrebbero produrre mille film. Racconti belli di grandi legami nati tra detenuti e guardie ma anche tante storie terribili di miseria e dolore. Ma tutto questo posso assicurare non si respira nell’isola che invece è esattamente quello che si può definire un paradiso terrestre. Il silenzio, i colori, il mare, la natura che vince incontrastata sull’uomo. E poi un’ energia che non si può raccontare. Penso che per tutta la troupe quella settimana all’Asinara rimarrà impressa nella mente, non come una settimana di lavoro, ma come una bellissima esperienza di vita.

24 giugno 2015

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