I bambini contro il mondo
Il vincitore del “NotoriusFilmFestival” Wassim Al Kayim, giovane libanese, si racconta a Cinemecum e analizza il suo rapporto con il cinema. Sarà nato un regista? di Salvatore Pinna
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La primavera araba ha agitato tutti i giovani. Anch’io praticamente cercavo un ruolo in questa primavera araba, per questo ho deciso, ai primi del maggio scorso, di andare lì per filmare, per documentare. Mi sono recato in Turchia e in Libano in paesi ai confini della Siria dove ci sono rifugiati siriani. Ho incontrato degli attivisti siriani che mi hanno dato dei video, ho raccolto tante informazioni, ho sentito molti bambini.
I materiali impiegati per il documentario li ha acquisiti nel suo viaggio in Turchia e in Libano o li ha girati lei?
In Libano, soprattutto, ho girato delle interviste con profughi siriani, bambini e adulti. Ma non andavano bene per il tipo di documentario che volevo fare che doveva essere “dentro” le manifestazioni del popolo e le reazioni del regime. In “Bambini contro il mondo” ho usato filmati avuti dai video attivisti, mentre per quanto riguarda i bambini ho usato filmati da You-Tube. Però le informazioni non le ho prese da internet ma andando a parlare con le persone di ciò che succede in Siria.
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I bambini sono praticamente nel mezzo della battaglia. Alcuni parlano nelle manifestazioni, danno la loro visione forte come se fossero adulti. Hanno subito i bombardamenti, hanno sofferto come i grandi. Dopo averli sentiti ho deciso che il tema doveva essere quello: i bambini dentro la rivoluzione siriana. Il film si intitola “Bambini contro il mondo” perché io li vedo combattendo da soli contro un governo senza pietà, contro una società internazionale che non riesce a dare nulla a loro, a proteggerli.
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Molte immagini sono di bambini e bambine morti e a commemorarli sono dei coetanei. I loro discorsi, severi e teneri allo stesso tempo, i loro volti determinati sono di una bellezza struggente. La realtà ha trasformato i bambini in uomini e donne con mostruoso anticipo su quella che in tempi di pace è l’età biologica e l’età sociale. Ma l’età sociale di quei bambini non è forse quella che gli impone quella realtà?
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Io proprio non mi aspettavo il premio perché sono un principiante del cinema. Ho pensato che avesse vinto il tema, che avessero vinto i bambini. Considero il premio un incentivo morale a continuare. Dal momento che il mio primo lavoro è stato premiato diciamo che il treno si è messo sulla linea giusta. Ora mi devo sviluppare, studiare, migliorarmi.
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11 luglio 2012