Percorso

Il mondo perduto di Pupi

A soli sette mesi da "Il papà di Giovanna" Avati esce sugli schermi con una nuova pellicola "Gli amici del bar Margherita". Un film fortemente autobiografico perché, come anticipa l'autore: "Il rischio è quello di rimuovere il passato". di Daniele Gramiccia

Pupi AvatiE’ nelle sale italiane dal tre aprile il nuovo film di Pupi Avati, “Gli amici del bar Margherita”, fortemente autobiografico.  Location prediletta dal regista, la sua Bologna. La pellicola è una commedia sentimentale in cui rievoca emozioni  e ricordi della sua giovinezza.

Prodotto da "Raicinema" e distribuito da "01 Distribution" il film riunisce tutti gli attori cari al regista  con qualche novità: nel cast Gianni Cavina, Diego Abatantuono, Neri Marcorè, Katia Ricciarelli, Luigi Lo Cascio, Laura Chiatti, Luisa Ranieri, Fabio  De Luigi e la new entry, Pierpaolo Zizzi, che nel film interpreta Taddeo, il regista all’età di 18 anni.  A Roma abbiamo incontrato Pupi Avati.

''Gli amici del bar Margherita''Gli “Amici del bar Margherita” è la sua ultima fatica a soli sette mesi dal “Papà di Giovanna”. La scena è la stessa, Bologna, cambiano però i tempi e con questi i costumi. Allora chi sono gli amici del bar Margherita?
Gli amici del bar Margherita sono i ragazzi, gli amici venticinquenni di cinquanta anni fa. Un mondo remoto, totalmente perduto che si avantaggiava probabilmente di vivere l’entusiasmo del dopoguerra italiano, quindi della ripresa, della ricostruzione del boom, e nello stesso tempo però anche della pochezza dei mezzi del benessere che sfociava inevitabilmente in quella difficoltà del vivere che allora caratterizzava tutto il contesto. Io ho raccontato attraverso un bar tutta quella generazione.

Dei vari personaggi che intervengono come protagonisti nel film, uno in particolare sembra essere la chiave di lettura; parlo di Coso. Chi è Coso?
Coso è lo sguardo è la voce narrante del racconto e sono praticamente io diciottenne in quegli anni: un ragazzino che guardava questi eroi del bar con ammirazione, sedotto come se fossero la quinta essenza del meglio. Io allora li vedevo veramente cosi.

''Gli amici del bar Margherita''Perché questo ragazzo diciottenne viene chiamato Coso?
Il soprannome Coso è voluto per far si che si possa capire come la sua identità e la sua personalità siano insignificanti.

Questo film è un ritorno alla commedia, anche se dai toni nostalgici?
Sì, è una commedia divertente, brillante ma anche molto dura e crudele, perché ci sono degli scherzi che i protagonisti si fanno tra loro, molto “tosti”.

Parliamo invece del ruolo della donna che in questo film ha un ruolo importante proprio perché rispecchia pienamente il pensiero misogeno degli anni 50.

La donna veniva vista da quella società dei maschi come elemento perturbativo. I maschi erano molto solidali e uniti tra loro, infatti quando uno di loro si fidanzava, si metteva in atto un’unità di crisi e si escogitava il possibile per far separare la coppia. Se pensiamo ai passi avanti che ha fatto la donna in questi decenni, è veramente formidabile!

''Gli amici del bar Margherita''Parlando proprio di questo, lei ci aiuta a ricordare con i suoi film la storia, perché attraverso le sue opere ci dà la possibilità di rivivere il passato, e questa è una opportunità che il cinema di oggi offre sempre di meno.
Esatto! Si può fare una comparazione con quello che è il presente e quello che invece è stato il nostro passato. Il cinema italiano si occupa solamente di quello che è il presente, quindi noi non diamo praticamente nessuna informazione su quello che siamo stati, mentre a me sembra doveroso lasciare documenti di questo genere.

Anche se condivido pienamente il suo punto di vista, non pensa sia rischioso proporre un’opera in controtendenza?
Non credo sia un rischio! Come può essere rischioso descrivere il passato quando oggi si racconta e si vive solamente il presente, come se fossimo privi di radici e come se tutto quello accaduto prima non contasse? Il rischio è, invece, rimuovere il passato, nel bene e nel male.

''Gli amici del bar Margherita''Se diamo uno sguardo al cast tra i personaggi risalta subito all’occhio Laura Chiatti che è senza alcun dubbio l’attrice del momento. Che segreti ha, quali sono le sue qualità principali?
Laura è una ragazza fantastica, in quanto semplice. Al di là della sua bellezza è fortunatamente rimasta la ragazza di Perugia che voleva fare la cantante e con l’aspirazione massima di imparare il mestiere di parrucchiera.

In questo film per le musiche ha preferito collaborare con Lucio Dalla invece che con lo storico Riz Ortolani, perché questa scelta dopo tanti anni?
Io e Lucio Dalla da ragazzi siamo stati musicisti nella stessa orchestra per molti anni e mi piaceva riassaporare quei momenti e rivivere insieme un’esperienza. Sono molto felice del suo lavoro. In questo film ha creato una colonna sonora magnifica.

Nel futuro prevede ancora collaborazioni  con Lucio Dalla?
Non credo! Questa è stata una bellissima esperienza, ma il musicista, che da anni collabora con me, è Riz Ortolani e sarà ancora lui a dare le note ai miei prossimi film.

Lei  può vantare di aver rappresentato tutti i generi di film. Qual è quello più vicino alla sua persona, al suo modo di vedere la vita.
Non ho mai fatto i film western e mai li farò [sorride]. Sicuramente i film più vicino alla mia persona  sono i film come questo. Film dove posso raccontare in maniera certa e sicura quello che è stato il mio passato. Il cinema autobiografico è quello in cui mi rispecchio.

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