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Il Lazio vince la scommessa, puntando sul cinema. E in Sardegna

Crescita record, nel Lazio, per le imprese audiovisive: lo rivela il Censis, che di recente ha pubblicato i dati relativi al settore. Cinemecum apre un'inchiesta per fare luce sulla situazione dell’Isola, partendo da Sassari. di Enrica Anedda

 In questi giorni sono stati pubblicati i dati finali del 2007 del Censis sull’industria audiovisiva nel Lazio: il numero delle imprese audiovisive tra il 2001 e il 2006 è aumentato del 32,5 %; nel solo Lazio gli occupati coprono il 37,8 % del totale delle risorse umane impegnate nel settore, in Italia.

Come tante volte annunciato, dunque, il settore cinematografico sta acquistando un ruolo sempre più importante nella economia nazionale.
E’ interessante il fatto che la grande maggioranza degli occupati non abbiano seguito alcun corso di formazione: le imprese credono poco nella formazione e conferiscono invece importanza “all’imparare facendo”.
Il Lazio vince la scommessa, puntando sul cinema. E in Sardegna?
Crescita record, nel Lazio, per le imprese audiovisive: lo rivela il Censis, che di recente ha pubblicato i dati relativi al settore. Cinemecum apre un'inchiesta per fare luce sulla situazione dell’Isola, partendo da Sassari. di Enrica Anedda

 In questi giorni sono stati pubblicati i dati finali del 2007 del Censis sull’industria audiovisiva nel Lazio: il numero delle imprese audiovisive tra il 2001 e il 2006 è aumentato del 32,5 %; nel solo Lazio gli occupati coprono il 37,8 % del totale delle risorse umane impegnate nel settore, in Italia.
Come tante volte annunciato, dunque, il settore cinematografico sta acquistando un ruolo sempre più importante nella economia nazionale.
E’ interessante il fatto che la grande maggioranza degli occupati non abbiano seguito alcun corso di formazione: le imprese credono poco nella formazione e conferiscono invece importanza “all’imparare facendo”.
Stiamo parlando di una regione, il Lazio, dove il settore degli audiovisivi e della cinematografia vanta una lunga tradizione ed esperienza.
Ma in Sardegna cosa sta succedendo?
Dopo l’approvazione della legge sul cinema è calato il sipario. Tutto tace. Solo da poco inizia a sentirsi il fruscio dei primi passi nelle stanze degli uffici regionali: a quanto pare, stanno finalmente predisponendo i decreti applicativi che daranno vita alla legge.
Intanto, la società Karel ha ricevuto la risposta ufficiale dell’Assessore sull’appalto della Film Commission. Secondo gli uffici regionali sarebbe tutto in regola e non esisterebbe nessun conflitto di interessi. E così, Arte Video e gli altri incaricati degli uffici, continuano il lavoro nell’ambito dello sportello regionale.
Ma cosa ne pensano gli altri operatori del settore? Cinemecum ha deciso di avviare un inchiesta.
Iniziamo dal Nord Sardegna e da Bencast, una società di produzione che ha sede a Sassari e che cura, fra l’altro, i servizi in Sardegna di “Linea Blu”, fra le produzioni con troupe leggere più complesse della Rai.
Bencast ha 3 responsabili e una decina di collaboratori con contratto a progetto, in grado di svolgere tutte le funzioni relative ad una produzione. “In Sardegna non c’è spazio, ancora, per una specializzazione stretta”, precisa Carlo Dessì, produttore della Bencast, con il quale abbiamo parlato di vari problemi legati al cinema in Sardegna.
 
Cosa ne pensa dell’ufficio della Film Commission ?
“Bencast aveva partecipato anche alla gara d’appalto per la gestione dei servizi per la Film Commission, è stata esclusa per un errore formale e non ha ritenuto di impugnare la delibera. In questi anni abbiamo presentato alla Film Commission parecchie richieste e inviato il nostro curriculum per essere iscritti nei loro albi, ma non abbiamo mai ricevuto alcuna richiesta di lavoro. Speriamo sia dovuto solo al periodo di assestamento. Solo una volta ci hanno chiesto “ un runner” ( una figura generica che nel set fa un po’ di tutto ) ma abbiamo rifiutato; noi puntiamo a lavorare seriamente all’interno di produzioni che ci offrono degli spazi rilevanti”.
 
E’ vero che in Sardegna non c’è un operatore di macchina in grado di usare la cinepresa da 35 mm?
No, ci sono dei sardi che sono in grado di farlo, ma non vivono in Sardegna, se no morirebbero di fame.
In genere le produzioni hanno i loro direttori della fotografia che utilizzano personalmente le macchine, oppure dirigono degli altri operatori. Comunque è un falso problema, dato che diverse produzioni lavorano in HD o DVC PRO- (sistemi digitali).
Il problema che c’è in Sardegna è che le produzioni arrivano già con le loro figure professionali. Il guaio è che anche le produzioni sarde e i registi sardi cercano i direttori della fotografia, i fonici, i macchinisti fuori dalla Sardegna. In questa maniera crescono solo i registi mentre le altre figure professionali non hanno possibilità di imparare il mestiere, che a mio parere, si impara appunto soprattutto sul campo.
 
Lei cosa consiglia?
Si dovrebbe avere un po’ più di umiltà e i giovani registi non si offendano: spesso non sono dei Fellini, stanno imparando anche loro e, quando hanno la fortuna di trovare i finanziamenti pubblici per fare i film, dovrebbero dare la possibilità anche alle altre figure professionali di formarsi ed avere esperienza. Se no la situazione non cambierà mai. Ci sono tantissime professionalità che sono in grado di fare un film, e possono crescere insieme. Altrimenti crescono solo i registi. Se l’Isre, per esempio, fa un concorso per sceneggiature e vince un regista sardo per una produzione che deve essere girata in Sardegna, non è giusto che si spendano i soldi per portare il direttore della fotografia da Barcellona o da Milano. Si provi a usare un direttore di fotografia sardo.
 
E i cortometraggi non sono sufficienti per farsi le ossa?
Si, in effetti si è formato un movimento a livello mondiale nel campo dei cortometraggi (al Sardinia Film Festival, ad esempio, hanno partecipato 400 cortometraggi da tutto il mondo!), che tuttavia viene considerato come un mondo a parte, quasi come un gioco, mentre si considerano seriamente solo i lungometraggi. Cosi non è da altre parti. In Spagna sui cortometraggi si fanno scuole, per direttori della fotografia, registi, attori, scenografi... si crea un movimento dove tutti collaborano ai vari livelli e chi è bravo va avanti.

Ma la legge prevede dei finanziamenti anche per i cortometraggi. Dunque le cose, si spera, andranno meglio anche in Sardegna.
Si, mi auguro che la legge conferisca la giusta importanza a questo genere e che imponga che le produzioni utilizzino prevalentemente maestranze locali. Le risorse sono poche e debbono essere utilizzate in favore della nostra economia. Non possiamo investirle a favore di Wenders o Scorsese che tuttavia possono essere attirati,  ad esempio, con i fondi del turismo.

Alla luce degli ultimi dati del Censis sulla Regione Lazio, come possiamo dargli torto?
Il cinema è un mestiere che si impara soprattutto sul campo, non dimentichiamoci infatti che Fellini non aveva frequentato alcuna scuola, ma prima di dirigere un film aveva già acquisito una lunga esperienza sul set, lavorando a fianco dei grandi registi del tempo.
E i nostri registi, che snobbano le maestranze locali, che esperienza concreta hanno maturato sul set? Non è che tentano di colmare le loro lacune avvalendosi della professionalità degli altri operatori del settore molto più esperti?


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