Percorso

Il girotondo di Curreli

E’ partito da Cagliari perché "ero stanco di immaginare guardando il mare". Intervista a  Luciano Curreli, attore protagonista nell'ultimo film di Manuli costretto a lasciare l’Isola per trovare lavoro sui set. "Quello che manca in Sardegna? La cultura del cinema". di MET

 Doppietta firmata Luciano Curreli. Dopo aver preso parte del cast  in “Girotondo giro attorno al mondo”, primo lungometraggio di Davide Manuli, torna in scena in “Beket”, secondo film del regista milanese. E’ l’attore cagliaritano Luciano Curreli, che  nel primo film interpreta Angelo, un giovane orfano, cresciuto da una nomade...
In “Beket”, invece, è Freak, uno dei personaggi che va incontro a Godot. Nelle antiche miniere di Montevecchio lo abbiamo incontrato impegnato nel set.

Luciano Curreli torna sul set di Davide Manuli…
Sì, questo è il secondo lungometraggio con Davide Manuli, credo che lui sia un genio, perché cerca sempre di cogliere i fiori nel deserto senza stereotipi. Nei suoi personaggi, che di solito sono tossici, ubriaconi, prostitute, va a vedere il cuore  non il problema sociale. In “Beket” i personaggi, tra cui Freak, da me interpretato, va incontro a Godot, si scontra con le cose ed è determinante. Le immagini, i dialoghi sono delle filastrocche, spesso servono a bruciare l’attesa.

Luciano CurreliChe importanza hanno in “Beket” le location sarde?
I luoghi sono degli scenari unici, spettacolari, sono inseriti in un contesto prezioso. Gli spazi sono personaggi del film, location protagoniste. La prima scena è stata girata in Gallura con le pale eoliche e un pugile sardo,  è spettacolare il fatto che lui stesso faccia allenamento dando pugni al vento.

Lei è di Cagliari, ma non ha mai lavorato con registi sardi. Come mai?
Ho notato che il sardo pubblicizza la Sardegna, il mare, il cibo, la storia da un punto di vista descrittivo. E’ troppo auto referenziale, quello che manca nei sardi è la solidarietà, essendo una nicchia  ci si dovrebbe sostenere a vicenda. Faccio l’attore da ventidue anni, non ho mai lavorato con persone sarde, ma non vuol dire che mi chiudo le porte. Bisogna puntare a fare prodotti che rispecchiano quello che si vuol raccontare e la Sardegna si adatta a qualsiasi storia, per cui è possibile raccontare tutto. Il problema non sono i soldi, ma quello che si vuol dire.
 
Luciano Curreli e il collega francese Jerome DuranteauIl mio regista preferito è Davide Manuli perché dipinge i personaggi sugli attori, anche se noi siamo amici prima di essere colleghi, nel senso che non ci legano i soldi.

Qual è secondo lei la più grande carenza del cinema sardo?
La mancanza di una scuola che crei cultura cinematografica in Sardegna. A Cagliari c’è una  grande esigenza di avere una scuola, però nel cinema mi devo dimenticare di essere Luciano se voglio essere Giuseppe. La recitazione per me è una vacanza da se stessi.

E del cinema italiano?
Gli attori si chiamano tra di loro, è un circolo chiuso ed è orribile, è una lotta con il cinema, che è di sinistra. Dico sempre una cosa: Dio vede e  provvede, se il film uscirà sarà un miracolo. A rendere unica la squadra di un film non sono i soldi che vengono investiti, ma le persone, che devono avere tutte sale in zucca.  “Beket” mi sembra un buon film anche se ancora non c’è un  distributore.

Curreli e Duranteau sul set di BeketChe consiglio darebbe a un giovane attore sardo che vorrebbe emergere?
Deve essere appassionato di recitazione, innamorato veramente. Il consiglio è quello di capire quanto si è disposti a sacrificare per questo lavoro, è come quando ti innamori di una bellissima donna, che ti sfugge, ma quando torna non riesci a mollare. Unico vantaggio in questo lavoro lo vuole sapere qual è? Per prepararti alle scene ti mettono in faccia le mani di bellissime donne.

Come ha iniziato nel mondo del cinema?
Sono cagliaritano, ma dal 1982 vivo a Roma, dove ho iniziato con il metodo Strasberg, che mi ha consentito di lavorare nella fiction “La uno bianca” per Canale5 e altre meno importanti. Sono partito da Cagliari, perché stanco di immaginare guardando il mare. Ripeto in Sardegna, a Cagliari in particolare c’è bisogno di una scuola per la cultura cinematografica, è una necessità.
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