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Giagni: "Vi racconto il mio Bellocchio"

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Il musicista e musicologo svela il sodalizio suono e immagini, tracciando un excursus delle colonne sonore nel cinema italiano.  Dopo Bellocchio e la Guzzanti, sogna di comporre la musica per il regista Lucchetti. di Met

 Attenzione alle colonne sonore. E’ il settore della discografia musicale meno in crisi. Parola del musicista e musicologo, Riccardo Giagni, docente di “Storia della musica per immagini” all’Università di Lecce. Presente al “ Festival Creuza de Mà Musica per film”, tenutosi a Carloforte, Riccardo Giagni ha fatto un excursus sulla musica per film...

Il suo nome è legato a film di successo, come “Buongiorno, notte”, “Il regista di matrimoni”, “My father”, “Ora di religione” e di recente al “Le ragioni dell’aragosta” di Sabina Guzzanti.

La musica come si adatta al linguaggio filmico?
Lavoro cercando di raggiungere con il regista la dimensione più simbolica più alta e forse anche più sfuggente che rende più ricco il contesto filmico quando è anche musicale. Faccio un piccolo esempio: nel film "L’ora di religione", c’è un scena piuttosto famosa di una festa al cui interno convivono e agiscono diversi personaggi, tra affaristi cardinali artisti e appartenenti a diverse religioni. A un certo punto all’interno di questa festa si alza un canto, che poi vediamo anche sullo schermo con il cantante, un cantante un pò misterioso. una lingua che noi non comprendiamo, nella Roma contemporanea. Un canto orientale in quel caso armeno, con un testo che nessuno capisce e che nessuno può capire. Questa forza espressiva che viene dalla musica e da una lingua che noi non conosciamo, ha il potere di unificare e di portare su un piano piuttosto alto, la scena stessa e ciò che vedremo dopo nel corso del film. Verso quel tipo di coordinamento io sono orientato nel mio lavoro.

La musica è basilare in un film, però rimane un po’ dietro le quinte, perché?
Questo è un discorso complesso. Io sono piuttosto convinto, e infatti faccio il mio mestiere in modo un po’ insolito rispetto ad altri, sull’unità del film e in particolare della responsabilità del regista nella firma del film. I film di Marco Bellocchio a cui io ho lavorato, sono film di Marco Bellocchio a tutti gli effetti, anche se le musiche le ho scritte e le ho scelte io. Il fatto che la musica rimanga un pò dietro le quinte, è abbastanza nella logica delle cose. Noi diciamo "è il film di Kubrick, è il film di Bellocchio, è il film di Muccino". Naturalmente una valorizzazione della musica è già in atto nel nostro paese. I ragazzi sono più attenti. L’uso del DVD, e anche l’uso più moderno del modo di intendere la colonna sonora, fa si che ci sia un interesse rinnovato nei confronti della musica da film, che tra l’altro è il settore discografico meno in crisi.

 Cosa ne pensa dei bellissimi sodalizi come ad esempio quello tra Fellini e Rota?
Io sono sempre ammirato e felicissimo quando al cinema si incontrano delle figure di musicisti e di cineasti che trovano in qualche maniera una cifra comune. Sono, come le chiamo io, le grandi coppie. Possiamo dire nel senso più storico Herman e Hitchock. Oggi c’è da dire che i cineasti hanno un ruolo sempre più attivo nei loro film. Questo vale ad esempio anche per i film di Bellocchio dove c’è una grande discussione tra me e lui.

Nel comporre una colonna sonora qual è la prima cosa da ricordare e la prima da dimenticare?
Le due cose coincidono, secondo me occorre ricordarsi della centralità estetica della visione del cineasta  e allo stesso tempo "dimenticare" un pò se stessi, mettere tra parentesi la stabilità dell'io creativo e sentirsi consapevolmente parte di una totalità in movimento, di un affresco che per "funzionare" ha bisogno di tante cose, immagini, parole, suoni non musicali e naturalmente anche di musica.

Quali sono i suoi registi preferiti?
All’estero i fratelli Cohen, in Italia mi piacerebbe molto lavorare con Bertolucci.

Qual'è il problema maggiore della musica nel cinema italiano?

Nel cinema italiano c’è un grosso problema, si investe cento nell’immagine e uno nel suono, ma è la canzone ciò che più si ricorda.

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