"Il cinema, la mia forma d'arte nostalgica"
Intervista a Paola Randi protagonista a Carloforte col suo film “Into Paradiso”. Una commedia garbata, colorata e ironica raccontata dalla stessa regista. Conquistata dalla musica. di Maria Elena Tiragallo
Ad aprire la quinta edizione di “Creuza de Mà”, festival sulla musica per film, a Carloforte dall’8 all’11 settembre scorso, è stata l’originalissima commedia di Paola Randi “Into Paradiso”, che ha portato sul grande schermo del Teatro Cavallera un’insolita chiave di lettura di Napoli, location prescelta del film.
Debutto al cinema per la regista milanese che ha scelto i colori, i suoni della città più multietnica del Belpase, dove le culture del mondo si intrecciano, si mescolano creando una sfera culturale senza pari. Protagonista del film è Alfonso (Gianfelice Imparato), giovane ricercatore universitario precario che, alla notizia del suo licenziamento, decide di rivolgersi ad un politico (Peppe Servillo) in ascesa per ottenere una raccomandazione. Ottenuto il favore, viene coinvolto in una resa dei conti tra camorristi, scappa e si rifugia nel piccolo appartamento di Gayan (Saman Anthony), ex campione di cricket srilankese. Tra loro nasce solidarietà e amicizia che cambierà le loro sorti. Ecco il racconto della regista sulla sua opera prima.
Per raccontare l’Italia multiculturale ha scelto la commedia, ha scelto Napoli, crocevia di tante migrazioni. Che ruolo ha la città?
Abbiamo girato nel quartiere dove vive la comunità cingalese, la migrazione riguarda gli stranieri ma anche gli italiani dei quartieri dove vivono. Avevo la necessità di rappresentare la transculturalità e quale città italiana è un crocevia di culture più di Napoli? Nessuna. Napoli è una città multiculturale per eccellenza, purtroppo legata anche alla malavita. Spesso però la criminalità è contrastata da solidarietà e rapporti umani. Il “paradiso” nel film si riferisce allo stabile dove vivono gli srilankesi, dove tutti si conoscono e tutti si aiutano. Napoli se da una parte è crocevia di storie, dall’altra è fonte di una grande ricchezza.
Ci può raccontare come Piazza Dante l’abbia catturata? Cosa ha visto?
L’idea del film viene da una scena in Piazza dove un gruppo di ragazzi “scugnizzi” giocavano a calcio, dall’altra parte della piazza una squadra srilankese giocava a cricket. Due sport diversi praticati da due culture diverse; vedendo la scena mi è saltata in mente l’idea del film, da cui sono passati cinque anni. Nel frattempo ho studiato le comunità, ho fatto ricerche. Ho vissuto con loro, con gli srilankesi a Napoli, per conoscerli.
Perché “Into Paradiso”?
“Into Paradiso” si è confermato essere un titolo creato ad hoc per presentare il tema multietnico del film: “into”, sia come lemma anglosassone, che come locuzione napoletana (‘int ‘o paradiso) significa appunto “all’interno del paradiso”.
Che importanza riserva da regista alla musica?
Nella mia famiglia la musica è sempre stata fondamentale, mio fratello è un jazzista. Ad un certo punto della mia vita ho studiato lirica, è stata un’esperienza meravigliosa, ma poi ho deciso che quella non era la mia strada. Nel caso del film la musica voleva essere non di commento ma doveva avere un contenuto ironico, una filosofia ironica. Nel film infatti c’è molta musica multietnica con radice partenopea. Credo che conoscere la musica per il regista sia una componente in più. Il compositore non abituato al cinema fa un prodotto ed è quello, in fase di montaggio invece si fanno mille cambiamenti. Ho scelto Fausto Mesolella perché ha una forte caratteristica, così io ho potuto lavorare su di lui e lui su di me; devo dire che la disponibilità di Fausto è stato importante. Così come farlo divertire, farlo esprimere.
Il cinema per Paola Randi?
Il cinema è una forma d’arte nostalgica, fa i conti con la memoria. A differenza del teatro che è qui e qui finisce.